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PERSEO
Perseus, Persei
Per
La costellazione di Perseo e la sua rappresentazione mitologica.
Immagine: www.stellarium.org
La costellazione di Perseo è composta da una decina di stelle principali, quattro delle quali sono circumpolari. Eta Persei è quella più settentrionale con una declinazione di 56°N ma anche la meno luminosa con le sue 3,75 magnitudini, seguono Gamma Per di magnitudine 2,90, la Supergigante bianco-gialla Alpha Per che a 592 anni luce è la più brillante della costellazione con 1,75 magnitudini e Delta Per a 48°N di declinazione con 3,00 magnitudini.
Queste stelle non conoscono quindi tramonto e la levata eliaca va cercata nel resto dei puntini luminosi della costellazione. La prima stella a sorgere nell’anno è Beta Persei, più conosciuta come Algol di cui parleremo a breve, la quale si leva sul finire di marzo, mentre l’ultima è Zeta Persei di magnitudine 2,80 verso la fine di maggio. Perseo impiega quindi un paio di mesi a portare le sue stelle sopra l’orizzonte e d’altra parte si tratta della 24ma costellazione più grande della volta celeste. La sua area è di 615 gradi quadrati di cielo all’interno dei quali gli astri si dispongono nel momento del transito in una sorta di Y capovolta. La stella con cui si può considerare in culminazione l’intera costellazione è Alpha Per, quella più luminosa, riportata in tabella insieme agli orari di Algol, trattandosi quest’ultimo dell’astro più importante di Perseo.
Transito o culminazione | 1 DIC | 15 DIC | 31 DIC | Altezza sull'orizzonte | m |
Algol (Beta Per) | 22.39 | 21.45 | 20.41 | + 86° | 2,05 |
Alpha Per | 22.56 | 21.59 | 20.58 | + 84° | 1,75 |
La decina di stelle che formano Perseo sono tutte abbastanza luminose, trattandosi di astri di seconda e terza magnitudine, tranne Alpha che è l’unica di prima e per rintracciarle ci si può servire della lucente Capella posta a oriente della W di Cassiopea che occhieggia a nord ovest.
Perseo si trova a ovest di Capella e sud-est di Cassiopea.
Immagine: www.stellarium.org
La costellazione si trova insieme a Cassiopea, Cefeo e Andromeda in quel settore di cielo riservato al mito che vede protagonisti i quattro personaggi. Perseo fu infatti colui che salvò la principessa etiope Andromeda, figlia dei sovrani Cefeo e Cassiopea, dal mostro marino (evocato sotto l’equatore dalla costellazione della Balena) che Poseidone inviò per punire la vanità della regina.
Le costellazioni che evocano il mito di Perseo: oltre all’eroe vi sono Andromeda, Cassiopea, Cefeo e la Balena.
Immagine: www.stellarium.org
Fra le stelle di Perseo la Via Lattea lascia la sua scia attraversandole da sud-est a nord-ovest. Qui è frequente imbattersi in ammassi aperti e al confine occidentale ne brilla uno catalogato da Charles Messier. E’ M34 di magnitudine 5,20 che si estende per 34’, una dimensione simile a quella della Luna Piena che è di 30’ e nel caso di dell’ammasso equivale a 14 anni luce di estensione. M34, che dista 1.400 anni luce da noi, è composto da un centinaio di stelle formatesi 200 milioni di anni fa.
L’ammasso aperto M34 nella costellazione di Perseo.
Immagine: 1996 Kitt Peak National Observatory, https://www.noao.edu/image_gallery/html/im0843.html
Situato più a nord-ovest c’è il secondo e ultimo oggetto di Messier della costellazione, M76. Stavolta si tratta di una Nebulosa Planetaria, un oggetto raro del catalogo, dal momento che ce ne sono solo quattro: M76, M27 nella Volpetta, M57 nella Lira e M97 nell’Orsa Maggiore. Per la sua forma simile a una doppia nebulosa, è stato battezzato anche Piccola Campana Muta per distinguerlo da M27, la Campana Muta della Volpetta.
M76, la nebulosa planetaria di Perseo, conosciuta anche come Piccola Campana Muta per distinguerla dalla Campana Muta M27 nella Volpetta.
Immagine: 1996 Kitt Peak National Observatory, https://www.noao.edu/image_gallery/html/im0772.html
Si trova a 3.400 anni luce dalla Terra e la sua magnitudine di 12,00 richiede l’uso del telescopio. Che si trattasse di una nebulosa planetaria si è scoperto solo nel 1918 grazie agli studi del professore statunitense Heber Doust Curtis e il motivo per cui non vediamo la classica ciambella con al centro il puntino luminoso è dovuto al fatto che l’anello, di 2 anni luce di diametro, ci si presenta di taglio, proprio come avviene per M27.
Nella parte orientale della costellazione, esattamente fra Epsilon e Xi Persei invece, vi è un’altra nebulosa, stavolta non catalogata da Messier perché la sua scoperta risale al 1884 e si deve allo statunitense Edward Emerson Barnard, divenuto celebre per il suo avvistamento della stella più veloce del firmamento, situata nell’Ofiuco e che da lui ha preso il nome. La nebulosa si trova nel New General Catalogue come NGC 1499, ma Barnard la chiamò Nebulosa California per via della sua forma simile allo stato americano. Si tratta di una nebulosa a emissione e della cui generazione di luce è responsabile la Supergigante Blu Xi Persei alla distanza lontanissima di 1.772 anni luce.
La Nebulosa California nella costellazione di Perseo.
Immagine: 1971 Osservatorio San Vittore, Giancarlo Sette, http://www.gizarastro.it/california.html
La California si estende per 63 anni luce e si presenta con magnitudine 6,00, un valore ancora distinguibile per l’occhio umano, tuttavia trattandosi di una luce diffusa e non puntiforme, l’impresa in pratica non riesce senza l’aiuto di un telescopio.
Un’altra prerogativa che ha reso famosa la costellazione di Perseo sono inoltre le celebri stelle cadenti. Ogni anno infatti a partire più o meno dall’ultima settimana di luglio fino a circa il 20 di agosto, la Terra si affaccia su una zona di cielo in cui il passaggio di una cometa ha lasciato una scia di sé sotto forma di frammenti vaganti. Si tratta di piccoli meteoriti, cioè di corpi solidi che penetrano l’atmosfera terrestre, e che possono essere granelli di polvere o sassolini. Nel momento in cui queste particelle entrano in collisione con la nostra atmosfera, si incendiano a causa dell’attrito dando luogo a un vero e proprio spettacolo: puntini luminosi si accendono improvvisamente nel cielo e lo rigano di luce attraversandolo in pochi istanti.
Questa pioggia di meteore proviene da un punto particolare, chiamato radiante, situato proprio nella costellazione di Perseo, da cui il nome di Perseidi. La cometa che ha lasciato la scia di detriti è la Swift-Tuttle, battezzata così dal nome dei suoi scopritori che la avvistarono per la prima volta nei cieli americani nel 1862. La Swift-Tuttle è una cometa periodica, che passa vicino al Sole ogni 133,28 anni. L’ultimo passaggio al perielio della cometa è datato 11 dicembre 1992, mentre per il prossimo appuntamento bisognerà attendere di sfogliare il calendario sul 12 luglio 2126.
Le celebri stelle cadenti di agosto sono chiamate Perseidi perché nella costellazione di Perseo risiede il cosiddetto radiante, il punto da cui le istantanee scie luminose sembrano provenire. Attorno alla metà di agosto la Terra passa davanti alla parte più densa dello sciame meteorico e per questo la concentrazione di stelle cadenti è massima.
Immagine: 2004 Fred Bruenjes, http://www.nasa.gov/press-release/nasa-tv-to-host-perseid-meteor-shower-program
Ma per finire – lo abbiamo anticipato all’inizio – l’astro della costellazione che fin dalle origini ha fatto parlare di sé è senz’altro Algol, la stella Beta di Perseo. E’ una stella relativamente vicina a 93 anni luce di distanza, giovane cui suoi 300 milioni di anni, e ciò che la rende tanto particolare è il saliscendi luminoso che si ripete ogni tre giorni circa e che dura una decina di ore. Oggi i meccanismi che alterano periodicamente la luce di una stella sono noti e queste stelle vanno sotto il nome generico di variabili, distinguendosi poi in tipi diversi a seconda del fenomeno responsabile della loro variazione di luce, ma in origine Algol era una stella difficile da comprendere; agli occhi degli antichi sembrava come posseduta dal diavolo e infatti al-ghūl, il suo nome arabo, significa proprio demonio. Per i Greci invece era l’occhio di Medusa, la creatura figlia delle divinità marine primordiali Forco e Ceto, che pietrificava fatalmente chi ne incrociasse lo sguardo. Fu uccisa da Perseo che nella costellazione è immaginato nella sua iconografia più frequente in cui tiene in mano la testa mozzata della Gorgone Medusa.
Ma come abbiamo detto, oggi sappiamo interpretare la variabilità di una stella e l’importanza di Algol sta nel fatto che è stata la prima variabile a eclisse scoperta dall’uomo.
In particolare la prima testimonianza scritta della sua variabilità risale al 1667 ed è di casa nostra. Appartiene all’astronomo e matematico modenese Geminiano Montanari (1633-1687), contemporaneo di Newton e che lavorò per importanti famiglie dell’epoca, come quella dei Medici.
Colui che per primo invece abbozzò una spiegazione dell’ammiccare della stella fu un giovane astronomo amatoriale olandese, John Goodricke, morto a soli ventun anni di polmonite. Nel 1783 presentò alla Royal Society la sua supposizione che ci fosse un corpo celeste che passava periodicamente davanti a Beta Persei con la conseguenza di eclissarla e calcolò anche la durata del fenomeno di oscuramento.
John Goodricke ipotizzò così l’esistenza di astri che un secolo dopo sarebbero stati conosciuti col nome di binarie a eclisse, cioè coppie di stelle in rotazione l’una attorno all’altra su un’orbita che dalla Terra ci si presenta di taglio o quasi. Viste da questa prospettiva, le stelle si eclissano a vicenda dando così luogo a una ciclica variazione di luminosità.
La prestigiosa associazione inglese riconobbe il talento del giovane e premiò il suo lavoro con la medaglia Copley, la stessa che aveva ricevuto trent’anni prima Benjamin Franklin (1706-1790) e la stessa che avrebbero ricevuto Alessandro Volta (1745-1827) nel 1794, Charles Darwin (1809-1882) nel 1864 e Albert Einstein (1879-1955) nel 1925, tanto per citare i più famosi.
La conferma dell’ipotesi di Goodricke avvenne nel 1881, più di un secolo dopo e dunque Algol è una stella doppia le cui componenti sono Algol A e Algol B, la prima essendo quella che dà il maggior contributo in termini di luminosità. La magnitudine apparente del sistema binario è di 2,12 e sale a 3,40 durante le 10 ore di eclissi (che in termini di luminosità significa un calo, in particolare di un fattore superiore a 3).
La curva di luce del sistema binario a eclisse formato da Algol A e Algol B.
Immagine: http://astronomy.nmsu.edu/tharriso/skycharts.html
C’è un’altra caratteristica però che contraddistingue Algol e che è venuta alla luce nell’Ottocento con l’avvento della spettroscopia. L’analisi degli spettri ha rivelato un comportamento alquanto strano, ovvero che l’astro di massa maggiore invecchia più lentamente di quello a massa minore, un assurdo per la teoria evolutiva delle stelle. Tuttavia anche in questo caso la spiegazione è arrivata ed è da ricercarsi nell’interazione cui sono soggetti i due astri. Algol è un sistema binario fatto da una Gigante Blu di circa 4 M, chiamata Algol A, attorno a cui ruota una subgigante rossa di 1 M, chiamata Algol B. La Gigante Blu evolve più rapidamente per via della sua massa e, quando inizia a espandersi perché si sta avviando a divenire una Gigante Rossa, i suoi strati superficiali entrano nel campo gravitazionale della subgigante che dista appena 2,7 UA, col risultato di un trasferimento di materia verso quest’ultima. Ma l’accumulo di massa accelera l’evoluzione di una stella, ossia l’invecchiamento è più precoce ed ecco allora che la stella più leggera invecchia prima. Viceversa la Gigante, perdendo massa, rallenta il suo processo di invecchiamento, così il risultato finale è proprio un ribaltamento del processo evolutivo stellare: l’astro a massa maggiore evolve più lentamente di quello a massa minore. La tendenza non è tuttavia a senso unico perché arriverà il momento in cui la massa accumulata dalla subgigante sarà tale da entrare a sua volta nel campo gravitazionale della gigante con una nuova inversione delle parti e anzi, l’evento dev’essersi già verificato, così quella che oggi è Algol A, era una volta la componente B del sistema. Lo scambio di materia e di “sorti” è destinato a ripetersi a meno che non si arrivi a un punto in cui entrambe le stelle entreranno nella sfera gravitazionale della compagna iniziando così un processo di fusione.
Per finire partendo da sud al momento del transito e andando in senso orario, le costellazioni che circondano Perseo sono il Toro, l'Auriga, la Giraffa, Cassiopea, Andromeda, il Triangolo e l'Ariete.
Le costellazioni confinanti con Perseo: Toro, Auriga, Giraffa, Cassiopea, Andromeda, Triangolo e Ariete.
Immagine: www.stellarium.org
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