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BALENA
Cetus, Ceti
Cet
La costellazione della Balena e la sua rappresentazione mitologica.
Immagine: www.stellarium.org
E’ la quarta costellazione più grande della volta celeste dopo l’Idra, l’Orsa Maggiore e la Vergine e nei suoi 1.231 gradi quadrati raccoglie una ventina di stelle per la maggior parte di quarta magnitudine. La Balena, il cui nome latino è Cetus, a sua volta derivato dal greco ketòs che significa mostro, è una costellazione che risiede prevalentemente sotto l’equatore celeste. Quest’ultimo passa mezzo grado sotto Delta Ceti, una delle poche stelle brillanti della Balena con 4,05 magnitudini e, restando in tema di splendore, gli astri più luminosi della costellazione sono due Giganti: la gialla Beta Cet a 96 anni luce da noi con 2,00 magnitudini e la rossa Alpha Cet di magnitudine 2,50 sprofondata più del doppio, a 220 anni luce.
La costellazione appartiene al mito di Perseo e Andromeda, rappresentato insieme a Cefeo e Cassiopea, molto lontano, lungo la calotta celeste settentrionale e immediatamente sotto. Ceto era il mostro marino inviato da Poseidone per sacrificare Andromeda e punire così la vanità della madre Cassiopea, la quale aveva osato proclamarsi più bella delle Nereidi, ninfe marine di eccezionale bellezza. I Greci hanno ricordato la creatura marina, sconfitta da Perseo giusto in tempo prima che la giovane ne venisse inghiottita, ponendola fra le stelle meridionali, là dove idealmente l’oceano abbraccia la terra.
Riconoscerla nel firmamento richiede esperienza, per cui si può cominciare individuando la zona celeste in cui si distende. La Balena sta sopra la lunga linea immaginaria che unisce Aldebaran nel Toro a Fomalhaut nel Pesce Australe. Poco sopra questa direzione vi sono due stelle che spiccano un po’ di più rispetto alle altre e sono Alpha Cet dalla parte di Aldebaran e Beta Cet dalla parte di Fomalhaut.
Lungo la direzione che unisce Aldebaran e Fomalhaut, si possono distinguere Alpha e Beta Ceti così da individuare la zona in cui si estende la costellazione della Balena.
Immagine: www.stellarium.org
La costellazione inizia la sua levata eliaca a metà maggio con la debole Iota Cet, una gigante gialla di magnitudine 3,55 a 290 anni luce dalla Terra e la termina a fine giugno con la subgigante azzurra Pi Cet che per via dei suoi 441 anni luce di distanza, è due volte più debole e la vediamo di magnitudine 4,20. Trascorsi i due mesi necessari a portare sopra l’orizzonte tutte le sue stelle, la Balena da luglio inizia a essere sempre più protagonista delle ore notturne e nel mese di novembre la culminazione avviene prima della mezzanotte. L’astro che possiamo eleggere a rappresentare il transito dell’intera costellazione è una stella simile al Sole e anche molto vicina essendo solo a 12 anni luce di distanza; è Tau Cet, una Nana Gialla di magnitudine 3,45. In tabella si riportano gli orari del suo passaggio al meridiano insieme a quelli delle due stelle più brillanti.
Transito o culminazione | 1 NOV | 15 NOV | 30 NOV | Altezza sull'orizzonte | m |
Beta Cet | 22.13 | 21.17 | 20.18 | +27° | 2,00 |
Tau Cet | 23.13 | 22.18 | 21.19 | +29° | 3,45 |
Alpha Cet | 24.35 | 23.36 | 22.37 | +49° | 2,50 |
Ma la stella più celebre della costellazione è indubbiamente Mira Ceti, Omicron nel catalogo di Bayer, un astro a 419 anni luce da noi di appena 6,45 magnitudini, impossibile da vedere a occhio nudo. Situato a ovest di Delta Cet e 3° sotto l’equatore celeste, è la prima stella variabile scoperta dall’uomo. Il nome di Mira glielo diede nel 1662 Johannes Hevelius, l’astronomo polacco autore della splendida Uranographia, che quando osservò la stella non poté che definirla mira, cioè meravigliosa. Il motivo di tanto stupore risiedeva in un comportamento che aveva dell’incredibile, la stella sembrava dotata di poteri magici perché periodicamente spariva dal firmamento e vi ritornava undici mesi dopo. Hevelius non fu il primo ad accorgersi di queste misteriose “fughe”, la prima registrazione del fenomeno avvenne nel 1596 con l’astronomo olandese David Fabricius (1464-1617) che avvistò la stella nel momento della ricomparsa e la inserì fra le Novae, una classificazione inaugurata da poco, nel 1572 quando l’astronomo danese Tycho Brahe la introdusse per indicare quelle stelle che erano come sbucate dal nulla. Esse apparivano là dove prima c’era solo buio: erano appunto stelle nuove.
Nel 1638 un altro astronomo olandese, Johann Holwarda (1618-1651), capì che non di una stella nuova si trattava, ma di una stella che alzava e abbassava la sua luminosità periodicamente. Ogni 330 giorni vi era un saliscendi di luce pari a sette magnitudini, una differenza enorme perché significava che durante gli undici mesi la stella aumentava e diminuiva il suo splendore di 630 volte!
Che cosa succedesse a quel puntino celeste, rimase un mistero fino al XIX secolo quando l’avvento della spettroscopia permise di scoprire che Mira Ceti è una Gigante Rossa accompagnata da una Nana Bianca distante 70 UA. Quest'ultima con la sua immensa gravità strappa parte del gas dalla superficie di Mira, convogliandolo a sé attraverso un ponte di materia e incrementando ulteriormente l'instabilità della stella legata alla fase evolutiva avanzata. Mira infatti si espande e si contrae producendo la pulsazione luminosa che osserviamo nell'arco di quasi un anno.
Con Mira Ceti l’uomo aveva scoperto la prima stella variabile e tutte le stelle che manifestano questo comportamento sono dette variabili di tipo Mira, intendendo con questa classificazione gli astri con pulsazione luminosa su un lungo periodo - qualche mese - a differenza di quelli che invece cambiano la loro luminosità su periodi molto più brevi, dell’ordine anche di una frazione di giorno.
Mira Ceti, la prima stella variabile scoperta dall’uomo nella costellazione della Balena (Cetus). La foto scattata nell’ultravioletto dal telescopio spaziale Galaxy Evolution Explorer della NASA (in alto) mostra una lunga coda di 13 anni luce dovuta all’interazione del vento stellare della Gigante Rossa Mira col gas interstellare, entro il quale la stella si sta muovendo all’altissima velocità di 130 km/s. Oltre alla coda è visibile l’onda d’urto provocata dalla stella durante il suo avanzamento nello spazio.
La stessa foto scattata alle frequenze della luce visibile (in basso) mostra solamente la stella.
Immagine: 2007 NASA/JPL-Caltech/POSS-II/DSS/C, http://www.galex.caltech.edu/media/glx2007-04r_img07.html
Nella Balena infine vi è un oggetto di Messier: è M77, una galassia a spirale di tipo Sb adagiata proprio sull’equatore celeste e poco più a est di Delta Cet.
La spirale di Seyfert M77 nella costellazione della Balena.
Immagine: Kitt Peak National Observatory, https://www.noao.edu/image_gallery/html/im0580.html
Di 8,80 magnitudini si trova a 60 milioni di anni luce dalla Terra e ha un diametro di 122.000 anni luce. E’ una delle galassie più grandi del catalogo francese e fu anche una delle prime nebulose di cui si osservò per la prima volta il disegno della spirale, grazie alla sua prospettiva frontale con cui ci si offre. La caratteristica più rilevante di M77 è che si tratta di una galassia cosiddetta di Seyfert, dal nome dell’astrofisico americano Carl Keenan Seyfert (1911-1960) che nel 1943 mostrò l’esistenza di galassie dal nucleo particolarmente brillante associato a uno spettro di righe in emissione. Oggi le galassie di Seyfert appartengono alla più ampia categoria degli AGN, acronimo di Active Galactic Nucleus, ovvero galassie con nucleo attivo per via dell’intensa emissione X e radio che presentano. Con molta probabilità quest’ultima è dovuta alla presenza di un Buco Nero super massiccio nel loro nucleo che divora letteralmente la materia che lo circonda dando come risultato l’alta luminosità centrale di queste galassie.
Ben sette sono le costellazioni con cui la Balena confina per le sue dimensioni. Partendo da sud al momento del transito e andando in senso orario, sono: la Fornace, l'Eridano, il Toro, l'Ariete, i Pesci, l'Acquario e lo Scultore.
Le costellazioni confinanti con la Balena: Fornace, Eridano, Toro, Ariete, Pesci, Acquario e Scultore.
Immagine: www.stellarium.org
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