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CAPRICORNO
Capricornus, Capricorni
Cap
La costellazione del Capricorno nell'Uranographia di Hevelius (1690).
Immagine: http://www.atlascoelestis.com
Osserviamo la costellazione del Capricorno come è rappresentata nella tavola di Hevelius del 1690: una capra con tanto di corna pronunciate e fitta criniera termina a sorpresa in una coda di pesce arricciata. Chi è o meglio che cos’è il Capricorno? Per svelare l’identità di questo essere, bisogna risalire agli albori delle vicende mitiche, quando l’ordine cosmico stabilito da Zeus, terzo e ultimo sovrano del cielo e della terra, fu messo alla prova da enormi creature terrigene: i Titani.
Titani come gli dèi olimpici erano immortali, con la differenza che la loro madre era Gea, la terra, e loro padre Urano, il cielo. Gli dèi che abitavano l’Olimpo invece erano figli di Rea e di Crono, entrambi figli di Urano e Gea. I Titani erano così due generazioni più vecchi degli dèi olimpici. Essi vollero sovvertire la gerarchia divina e impossessarsi dell’Olimpo. La battaglia che si scatenò fra dèi e Titani è nota come titanomachia e, come ci narra il poeta Esiodo, durò ben dieci anni.
La svolta si ebbe quando Gea suggerì a Zeus di farsi aiutare dai Centimani, altri tre esseri mostruosi figli suoi e di Urano, i quali avevano cento braccia e cinquanta teste, nonché una statura ed una forza senza pari. Grazie a tutte quelle braccia –trecento! – fu possibile scaraventare simultaneamente un quantitativo straordinario di grosse pietre sui Titani; fu una vera e propria pioggia di massi che impetuosamente cadevano dal cielo, accompagnati dal suono assordante del tuono e dal fuoco impietoso delle folgori che Zeus, signore dell’Olimpo, scagliava con altrettanta veemenza. I Titani furono in breve seppelliti e sprofondati nelle viscere della terra, nel regno dominato dal dio Tartaro. Come ci racconta Esiodo:
E’ lì che gli dèi Titani, sotto caligine oscura, sono celati
per il volere di Zeus adunatore di nubi, in un’oscura regione,
all’estremo della terra prodigiosa.
Ed essi non possono uscire perché Poseidone vi pose porte di bronzo
e un muro vi corre attorno da tutte le parti.
Lì Gige, Cotto e Obriareo magnanimo hanno dimora,
custodi fedeli di Zeus egioco.
(Esiodo, Teogonia, 729-735)
Gige, Cotto e Obriareo sono i nomi dei tre Centimani. Ma i pericoli per gli dèi celesti non erano finiti. Tempo dopo, Gea partorì un ultimo figlio proprio insieme a Tartaro; e quel figlio, di nuovo, avrebbe attaccato l’Olimpo: si chiamava Tifeo e la Cilicia fu la terra che ne vide la nascita.
Le sue braccia son fatte per opere di forza
e i piedi sono instancabili, di quel forte dio;
e dalle spalle nascono cento teste di serpe, di terribile drago,
di lingue nere vibranti; e dagli occhi nelle terribili teste,
sotto le ciglia, splendeva un ardore di fuoco;
da tutte le teste fuoco bruciava insieme allo sguardo
e voci s’alzavano da tutte le terribili teste,
che suoni d’ogni sorta emettevano, indicibili:
ora infatti risuonanti come solo agli dèi è comprensibile,
ora invece voce di toro superbo, alto muggente, dalla forza in frenabile;
ora ancora di leone dal cuore spietato;
ora poi somigliante alla voce di cani, meraviglia ad ascoltarsi;
ora infine fischiava e ne echeggiavano le grandi montagne.
(Esiodo, Teogonia, 823-835)
Il mitografo Apollodoro aggiunge anche che,
Le sue braccia aperte toccavano da una parte il tramonto e dall’altra l’aurora…
(Apollodoro, Biblioteca, I, 6)
Una creatura davvero difficile da immaginarsi ma sicuramente terrificante. Grande fu la paura tra gli dèi stessi, le cui dimore olimpiche erano bersagliate continuamente da rocce incandescenti che Tifeo gettava insieme a potenti fiamme che uscivano dalla sua bocca. Egli pareva l’equivalente di uno sfigurato Zeus della terra. Gli dèi furono così terrorizzati che cercarono riparo in Egitto ed è a questo punto del mito che entra in scena Pan, il protagonista della costellazione del Capricorno.
Pan era il dio dei boschi dell’Arcadia, metà uomo e metà capra, dal cui nome deriva la parola “panico”; egli infatti, le sembianze orrende, soleva apparire all’improvviso a chi si trovava nei suoi boschi – specialmente alle ninfe – con un grido selvaggio che generava istantaneamente un terrore acuto e devastante. La vittima scappava appunto in preda al panico. Nella storia che stiamo raccontando, Pan diede un provvidenziale suggerimento agli dèi quando Tifeo giunse anche in Egitto:
Poiché gli dèi in Egitto temevano Tifone per le sue enormi dimensioni, Pan li istigò a trasformarsi in belve feroci, per ingannarlo più facilmente.
(Hygino, Favole, 196)
Il latino Ovidio nelle sue Metamorfosi ci dice in quali animali si trasformarono gli dèi:
Giove diventa (…) capo del gregge, per cui in Libia ancor oggi Ammone è raffigurato con corna ricurve; i
l dio di Delo [Apollo n.d.r.] si camuffò da corvo, il figlio di Semele [Dioniso/Bacco n.d.r.] da capro,
da gatto la sorella di Febo [Artemide/Diana n.d.r.],
da vacca bianca come neve la figlia di Saturno [Era/Giunone n.d.r.],
da pesce Venere, da ibis il dio di Cilene [Ermes/Mercurio n.d.r.].
(Ovidio, Metamorfosi, V, 327-331)
La fine di Tifeo poi avvenne per mano di Zeus, il quale…
… quand’ebbe raccolto la forza e prese le armi,
il tuono e il lampo e la folgore fiammeggiante,
colpì, balzando dall’Olimpo,
e tutte bruciò le terribili teste del mostro tremendo.
(Esiodo, Teogonia, 853-856)
ll mito appena raccontato è sicuramente originale perché si avverte un“sapore” diverso dalla maggior parte degli altri. E a pensarci, questo sapore diverso è dato dall’ambientazione insolita in cui si svolge: dopo l’Olimpo e la Cilicia, l’Egitto.
Non capita spesso di trovare storie greche in terra egiziana e infatti l’intreccio di questi due luoghi – la Grecia e l’Egitto – è in realtà un intreccio di due culture. Molti furono i contatti che i Greci ebbero con gli Egiziani, specialmente per motivi commerciali, e com’è ovvio aspettarsi ne conobbero la religione. Gli dèi egizi colpiscono indubbiamente per il loro aspetto interamente umano eccezion fatta per la testa che è animale. La testa animale come motivo ricorrente fu senz’altro una novità per i Greci e non fu facile trovarne una giustificazione. Si dice allora che la favola della trasformazione degli dèi in animali fu il loro modo di spiegare la natura zoomorfa delle divinità egizie.
Il mitografo Hygino ce ne dà una bella testimonianza e ci dice infine come Pan entrò a far parte delle costellazioni:
Per tale motivo, gli Egiziani ci insegnano come non sia permesso maltrattare queste specie animali, in quanto per loro sono simulacri divini. Allo stesso tempo, dicono, Pan si gettò nel fiume dando alla parte posteriore del suo corpo l’aspetto di un pesce e all’altra quella di un capro. Così poté scappare a Tifone. Ammirando la sua astuta trovata, Giove volle collocarne la figura tra le costellazioni.
(Hygino, Poeticon Astronomicon)
Un’ultima osservazione da fare riguarda Tifeo. Talvolta infatti è chiamato Tifeo e talaltra Tifone. Leggendo la Teogonia di Esiodo, che è il poema che narra la genealogia di tutti gli dèi greci nonché l’origine del mondo ed è uno dei poemi più antichi, Tifeo e Tifone sono due personaggi distinti. Tuttavia, come spesso accade nella trasmissione dei miti o delle favole, personaggi o parti delle vicende possono subire alterazioni da un passaggio all’altro. Così si hanno più versioni di una stessa vicenda oppure, come in questo caso, la somiglianza del nome ha confuso i due personaggi originari, fondendoli in uno solo.
Lo stesso dicasi per l’evento che precede la nascita di Tifeo, ossia la titanomachia. In diversi autori è stata confusa con la Gigantomachia, che è invece una guerra successiva anche se le motivazioni sono le stesse.