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CANCRO
Cancer, Cancri
Cnc
La costellazione del Cancro nell'Uranographia di Hevelius (1690).
Immagine: http://www.atlascoelestis.com
Guardando la tavola di Hevelius raffigurante la costellazione del Cancro, si rimane sorpresi nel constatare che non vi è raffigurato un granchio, come lascerebbe supporre l’etimologia latina cancer, bensì un gambero.
Per capire il motivo di tale rappresentazione bisogna andare più indietro nel tempo e fare riferimento alla parola greca karkinòs che significa appunto gambero, e dalla quale successivamente ha tratto origine la parola latina cancer.
In realtà però, i due crostacei non sono poi così dissimili, possedendo entrambe l’attributo distintivo delle chele; e in effetti la parola greca karkinòs viene tradotta talvolta come gambero, talvolta come granchio.
Probabilmente Hevelius ha voluto riprodurre nella sua stampa la creatura iniziale.
Greca è anche la mitologia associata alla costellazione. In particolare, è legata alla storia di Ercole, o Eracle per i Greci. Il granchio appare nella seconda fatica dell’eroe, quando questi deve affrontare il terribile mostro che abita la palude di Lerna, città dell’Argolide affacciata sul mare.
Il mostro da abbattere è l’idra che letteralmente significa serpente d’acqua ed è anch’esso presente fra le costellazioni. La sua uccisione richiese forza e astuzia, poiché il serpente possedeva nove teste o addirittura cento secondo alcune fonti, le quali se mozzate, ricrescevano duplicate. Come ci racconta lo stesso Ercole ricordando l’impresa:
Quello si rigenerava dalle sue stesse ferite, e delle cento teste che aveva,
non ce n’era una che si potesse mozzare senza che sul collo,
più sano di prima, due gliene succedessero.
(Ovidio, Metamorfosi, IX, 70-72)
ll combattimento fu sfibrante e avvilente e, come se non bastasse, a complicare la situazione fuoriuscì dalla terra un granchio di proporzioni gigantesche che, come ci narra il mitografo Apollodoro vissuto nel II secolo d.C., si scagliò contro l’eroe:
Un granchio enorme venne in aiuto dell’idra mordendo il piede di Eracle, ma Eracle lo uccise.
(Apollodoro, Biblioteca, II, 5, 2)
Proprio alla sua uccisione, dobbiamo la presenza in cielo del granchio sotto forma di costellazione. Il crostaceo era stato inviato da Era, Giunone per i Romani. La dea, che è la consorte ufficiale di Giove, odiava infatti Ercole con tutta se stessa, poiché egli era il figlio nato dall’unione di Giove con Alcmena, la regina di Micene. Egli era dunque il frutto di un tradimento ed ella glielo rinfacciò crudelmente per tutta la vita. Giunto al termine dei suoi giorni, tutti caratterizzati da prove sovrumane, il figlio divino si rivolse al padre olimpio con queste parole:
Oh, che grandi mostri ho abbattuto che nessun re
mi ha ordinato di abbattere! Mi ha incalzato il valore
peggiore di Giunone. Ma a che giova avere reso impavido
il genere umano? Gli dèi non hanno pace:
la terra tutta ripulita vede nel cielo
qualunque cosa abbia temuto: Giunone ha trasferito le belve.
Il cancro abbattuto gira intorno alla zona torrida
e si volge come astro della Libia e ne matura le messi.
(Seneca, Ercole sul Monte Eta, 61-68)
E il cancro infatti lo ritroviamo in cielo per volere di Giunone, insieme ad altre “belve”, come le chiama Eracle, tanto che la terra, si dice, è stata letteralmente “ripulita” da esse.
Hygino, vissuto nel I a.C., ci riassume come è avvenuta la trasformazione del granchio in costellazione, sottolineando il posto speciale che riservatogli.
Si dice che Giunone l’ha messo tra le stelle per un atto di riconoscenza, in quanto, al tempo in cui Ercole combatté contro l’Idra di Lerna, esso sbucò dalla palude per afferrargli il piede e morderlo. Per cui Ercole adirato lo uccise. Però Giunone lo volle collocare in cielo a far parte delle dodici costellazioni che sono occupate principalmente dal percorso del sole.
(Hygino, Poeticon Astronomicon)
Del tentativo di mordere il figlio di Zeus e Alcmena, abbiamo una rappresentazione su una lekythos attica a figure nere dell'inizio del V secolo a.C. attribuita al Pittore di Diosphos. Su questo vaso stretto e allungato che conteneva oli profumati o unguenti utilizzati sia dagli atleti che nelle cerimonie funebri, è ben visibile il granchio nell'atto di pizzicare la coscia dell'eroe intento a combattere l'idra. Per il tema trattato è più probabile che il recipiente avesse una funzione nelle cerimonie funebri piuttosto che per competizioni sportive. Alle spalle di Eracle è raffigurata Atena, la sua protettrice, mentre di fronte il nipote Iolao aiuta Eracle ad affrontare la sua seconda fatica. Il recipiente è conservato al Museo del Louvre.
Lekytos attica a figure nere attribuita al Pittore di Diosphos. Attorno al suo corpo stretto e lungo è rappresentata la seconda fatica di Ercole, l'uccisione dell'Idra di Lerna, che vede fra i protagonisti anche un granchio gigantesco che intralcia l'eroe cercando di morderlo (Museo del Louvre, 500-480 a.C.)
Due millenni dopo, il pittore e incisore tedesco Sebald Beham, allievo di Albrecht Dürer, nella sua opera Le fatiche di Ercole ritraeva anch'egli in una tavola l'eroe nel tentativo di uccidere con la clava il mostro dalle molteplici teste serpentine e anche in questa illustrazione si vede il granchio che gli morde il piede sinistro. In realtà nel disegnarlo, Beham è stato fedele al significato greco della parola "cancro" e ha riprodotto non un granchio ma un gambero. A terra si vedono alcune delle teste mozzate dell'idra, mentre la scena si completa a destra con la figura di Iolao, in sintonia con la descrizione dell'impresa.
Ercole uccide l'Idra, incisione di soli 5 x 8 cm del tedesco Hans Sebald Beham, tratta dalla serie Le fatiche di Ercole. L'artista era solito creare incisioni di piccole dimensioni e per questo era chiama Kleinmeister, piccoli maestri (Philadelphia Museum of Art ma non esposto, 1545).